Il Blog dell'Ordine degli Avvocati di Messina

“Il prendersi cura” al centro di un incontro organizzato in Corte d’Appello a Messina, dall’AIGA e dalla Onlus “La Joie de vivre”.

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“Prendersi cura dell’altro non è detto che sia naturale. Probabilmente ‘il buon samaritano’ (parabola del Vangelo di Luca) ci avrà pensato sù prima di fermarsi a soccorrere l’uomo percosso e spogliato dai briganti e perfino quando si narra di Gesù che bacia il lebbroso non è scritto da nessuna parte che gli piaccia, ma si evince che capisce che l’altro ne ha bisogno. Il prendersi cura, in sintesi, non è solo un istinto ma è una conquista che mette al centro il dolore dell’altro e in secondo piano il proprio sentire”. Un andare oltre il proprio limite, oltre il proprio istinto che porterebbe a voltarci dall’altra parte.
In queste parole di monsignor Cesare Di Pietro, vicario generale dell’Arcidiocesi di Messina, è racchiuso il messaggio più denso di significato emerso nel corso dell’incontro organizzato ieri, in Corte d’Appello a Messina, dall’Associazione Italiana giovani avvocati e dalla Onlus “La Joie de vivre”.
“Il prendersi cura. Scienza, prassi, morale e diritto”. Di questo sono stati chiamati a discutere Isabella Palmieri, medico chirurgo; Raffaele Tommasini, ordinario di diritto civile della Università degli studi di Messina; monsignor Cesare Di Pietro, vicario generale dell’Arcidiocesi di Messina; Giuseppe Musolino, medico chirurgo e responsabile chirurgia clinica San Camillo e Natale Arena, avvocato del foro di Messina. A moderare l’incontro il consigliere dell’Ordine degli avvocati, Paolo Vermiglio.
“La nostra Onlus – ha spiegato l’avv. Antonella Spolaor, presidente dell’associazione – è stata costituita da me, da Anna De Luca e Maria Grazia Sorrenti nel 2013 per il desiderio di dare una carezza, un sollievo, una speranza a donne e soprattutto bambini venduti, malnutriti, schiavizzati in una terra lontana, il Benin, Paese dell’Africa occidentale. Tanto abbiamo fatto ma tanto ancora c’è da fare. La prima cosa è contribuire a divulgare la cultura del ‘prendersi cura’ dell’altro nella nostra vita di ogni giorno, privata e professionale”.
Il “prendersi cura dell’altro” non necessita il viaggio in terre lontane ma, come emerso ieri, dovrebbe essere un principio da praticare nella vita di ogni giorno anzi, di più, un imperativo categorico per chi esercita soprattutto alcune professioni, come quella del medico o dell’avvocato, nelle quali il paziente o cliente non dà semplicemente un incarico ma si fida e affida e ha bisogno di ascolto e conforto, oltre che di terapie di cura e strategie di difesa.
Certo non è facile: “il prendersi cura è un’arte – ha sottolineato l’avv. Natale Arena – con complessità di significati. Presuppone attenzione agli altri, inclinazione a non essere concentrati su se stessi, empatia, capacità di partecipazione alle emozioni altrui e richiede qualità umane prima che scientifiche. Quelle qualità che consentono l’incontro tra fiducia (del malato o del cliente che si affida) e coscienza (di chi se ne prende cura)”.
Qualità rare. “Prendersi cura dell’altro significa saper guardare chi abbiamo di fronte- come sottolineato dalla dott.ssa Palmieri e dal dott. Musolino – e comprendere che chi si rivolge a noi si affida, si fida e che spesso è più spaventato dall’ignorare ciò che deve affrontare che non dal problema in sé”.
Lo stesso legislatore ha recentemente manifestato maggiore attenzione al tema del prendersi cura. Una attenzione che si è concretizzata in modo evidente, ci ha ricordato il prof Tommasini, nella legge sul “dopo di noi” – che regolamenta la possibilità di dare sostegno e assistenza alle persone con disabilità grave dopo la morte dei parenti che li accudiscono – e, da ultimo, grazie all’apertura in questa direzione di Papa Francesco, in quella sul testamento biologico.
“Viviamo in una società che è diventata social ma mai è stata così poco sociale, così poco incline alle relazioni umane – ha evidenziato in conclusione, Paolo Vermiglio. Il prendersi cura dell’altro, del cittadino in generale oltre che del cliente dovrebbe rientrare nella funzione sociale dell’Avvocatura ma, se fossimo onesti, dovremmo dire che in questa funzione sociale abbiamo fallito. Basta pensare allo strapotere delle procure; al rapporto tra inchieste giudiziarie e organi di stampa; alla condizione desolante della giustizia civile e all’azione troppo spesso schizofrenica del legislatore. Incontri come quello di oggi sono importanti perché ci ricordano il senso vero della nostra professione che non può prescindere, appunto, dal prendersi cura”.

loredana bruno
Loredana Bruno

 

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