Il Blog dell'Ordine degli Avvocati di Messina

“Non smetteremo di lottare fino a quando la Turchia non sarà un Paese democratico”. Il Consiglio dell’Ordine dà voce ai colleghi turchi.

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Lo scorso 30 marzo, nell’Aula Magna della Corte di Appello di Messina, si è tenuto l’incontro “Endangered lawyers Avvocati in pericolo”. Il caso Turchia”, un’occasione per tornare a parlare della funzione sociale dell’avvocatura, del ruolo dell’avvocato quale baluardo dei diritti e delle libertà fondamentali dei singoli.

Proprio l’avvocatura è infatti una delle categorie più duramente colpite dall’involuzione autoritaria che sta interessando negli ultimi anni la Turchia, dove le politiche repressive adottate da Erdogan hanno determinato l’instaurazione di un vero e proprio stato di polizia: nessuna libertà di stampa, la censura che si è fatta strada tramite il controllo dei social media, la destituzione di migliaia di giudici e funzionari pubblici e l’annullamento del diritto di difesa.

Dopo i saluti iniziali del Presidente dell’ordine, Avv. Ciraolo, e del responsabile della formazione, Avv. Villari, la parola è passata all’Avv. Picciotto, moderatore dell’evento ed osservatore internazionale che ha preso parte all’udienza tenutasi lo scorso 14 novembre ad Instanbul nel processo a carico degli avvocati di Ocalan, il quale ha introdotto i relatori.

L’Avv. Barbara Spinelli, osservatore internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani, l’Avv. Mahmut Skara, difensore del leader curdo Ocalan ora rifugiato in Germania e l’Avv. Pinar Akdemir, Presidente del Consiglio dell’Ordine di Ankara, nel corso dei rispettivi interventi hanno tracciato un quadro inquietate della situazione turca, descrivendo un vero e proprio scenario di guerra, con città bloccate, inaccessibili perché chiuse e bombardate, i cadaveri crivellati di colpi di chi è stato colto da un improvviso ripristino del coprifuoco.

Immagini lontane dal nostro vissuto, ma divenute concrete, in tutta la loro crudezza, grazie alle testimonianze dei relatori.

L’Avv. Spinelli, che recentemente è stata respinta alla frontiera ad Instanbul e rimpatriata in quanto “persona non grata”, ha ricostruito le tappe del processo di deriva autoritaria del governo Erdogan dal 2005 sino al tentativo di golpe del 15 luglio 2016, data in cui la situazione è ulteriormente peggiorata con la proclamazione dello stato di emergenza, la conseguente adozione di numerosi decreti limitativi del diritto di difesa e l’utilizzo estensivo della legislazione penale antiterroristica.

I colleghi turchi hanno narrato in prima persona quanto sia pericoloso, attualmente, svolgere l’attività difensiva in Turchia, dove non esiste più alcun strumento di tutela giuridica per l’imputato ed il suo difensore ed in cui un avvocato che rivendica la propria libertà ed i principi di uno stato democratico viene definito “terrorista”.

Hanno spiegato come inizialmente fossero soprattutto gli avvocati impegnati nella difesa di imputati esponenti di movimenti filocurdi ad essere presi di mira, colpiti con provvedimenti abnormi e normative ad hoc:  scopo del regime è sempre stato quello di delegittimarli, mettendo l’imputato ed il suo legale sul medesimo piano, accusando il secondo di essere correo del primo in palese violazione dei principi che proteggono la professione forense. Tali accuse sono state accompagnate da ogni sorta di impedimento nell’esercizio dell’attività difensiva: impossibilità di avere colloqui con i propri assistiti incarcerati, ostacoli alla presenza alle udienze, perquisizioni durante gli sporadici incontri con i detenuti sino a porre in essere atti consistenti in veri e propri trattamenti disumani.

Dall’arresto del leader curdo Ocalan ad oggi la situazione è peggiorata: molti avvocati pagano l’esercizio della professione con il sacrificio della loro stessa libertà personale, quando non della vita. L’Avv. Mamhut Skara ha ricordato con commozione Tahir Elci, presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Diyarbakir, la città più importante del Kurdistan turco, assassinato il 28 novembre 2015 durante una conferenza stampa in cui chiedeva a gran voce la fine delle violenze nella sua città; ha ricordato il suo arresto, le torture subite  per il suo impegno a difesa del popolo curdo, ha ricordato l’impegno della sua vita, ossia lavorare tenacemente e con passione per trovare  i responsabili delle morti di centinaia di curdi.

L’incredibile repressione del governo Erdogan sta portando ad un punto di non ritorno, ad una realtà in cui giudici e pubblici ministeri che verificano la legittimità di arresti, finiscono per essere a loro volta arrestati, in cui gli avvocati che devono difendere gli imputati, vengono messi a loro volta sotto processo.

I colleghi turchi hanno ricordato come ognuno di noi, mentre svolge la professione di avvocato, è avvocato “dentro” la società: se la società viene oppressa, l’avvocato non può che prendere parte alle lotte per la tutela delle libertà e la difesa dei diritti fondamentali.

Non solo un incontro per discutere della situazione turca, quindi, ma un momento di straordinaria partecipazione, culminato con il messaggio di speranza dell’Avv. Pinar Akdemir, affinché l’impegno di ogni avvocato, in Turchia e nel mondo, sia un passo verso la conquista e la tutela del diritto di difesa.

La possibilità degli avvocati di esercitare le proprie prerogative in modo libero, garantendo la difesa dei cittadini, costituisce un ingrediente irrinunciabile di ogni vera democrazia e Stato di diritto: ogni attacco all’avvocatura si traduce quindi irrimediabilmente in un attacco strategico alle possibilità di difesa della democrazia stessa.

 

sara marino merlo
Sara Marino Merlo

 

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