L’errore che fanno tutti quando fanno le analisi del sangue e che falsa il check-up

Molte persone sottovalutano quanto il rispetto delle corrette norme di preparazione possa influire sulla precisione delle analisi del sangue. Ogni anno milioni di individui si sottopongono a prelievi per monitorare lo stato di salute o per eseguire check-up di routine; tuttavia, errori di comportamento prima degli esami possono alterare sensibilmente i risultati, portando a interpretazioni fuorvianti e scelte terapeutiche inadeguate. Questo accade soprattutto perché si tende a trascurare le indicazioni ricevute oppure a non comunicare in modo trasparente con il personale sanitario a proposito di farmaci assunti, alimentazione e stile di vita nelle ore precedenti.

L’errore più comune: ignorare il digiuno e le istruzioni specifiche

Il principale errore che si commette, generando fraintendimenti diagnostici, è non rispettare il digiuno oppure le altre regole specifiche legate al proprio esame. Molti test ematochimici, come quelli per glucosio, colesterolo o trigliceridi, richiedono che il prelievo venga eseguito dopo almeno 8-12 ore di digiuno. Mangiare anche solo una piccola quantità di cibo o bere bevande zuccherate altera in modo significativo i valori raccolti, falsando il quadro clinico e costringendo talvolta il medico a ripetere l’esame senza una reale necessità.

Altre analisi invece non necessitano di digiuno, ma possono richiedere l’astensione da attività fisica intensa, l’evitare farmaci specifici o la sospensione di integratori alimentari. Non rispettare queste disposizioni può generare falsi positivi o falsi negativi, ovvero valori apparentemente anomali che però non riflettono la reale condizione dell’organismo. Un errore sottovalutato consiste anche nel non riferire al professionista sanitario l’assunzione di particolari medicinali, ormoni, fitoterapici, che possono modificare i risultati di marcatori come il metabolismo tiroideo o i livelli di coagulazione sanguigna.

Le conseguenze degli errori pre-analitici

Quanto le azioni e le dimenticanze dei pazienti incidono sui risultati? Moltissimo. Gli errori pre-analitici, ossia le scorrettezze compiute prima della fase di analisi in laboratorio, sono responsabili di una consistente parte delle anomalie diagnostiche. Studi condotti in Italia hanno rilevato che questi sbagli rappresentano fino al 70% degli errori totali nei laboratori clinici. Un errore frequente è non presentarsi al prelievo nell’orario indicato, quando determinati parametri come cortisolo o ferritina hanno fluttuazioni fisiologiche durante il giorno.

L’alterazione dei risultati può avere ripercussioni pesanti: da un lato rischia di diluire segnali d’allarme di patologie in corso, dall’altro può innescare sospetti infondati su malattie non esistenti. Ad esempio, un valore alterato di glicemia post-prandiale può mascherare un reale stato di rischio diabetico o, al contrario, simulare la presenza di malattia in individui sani.

La corretta fase pre-analitica è fondamentale anche per ridurre sprechi, affaticare meno il sistema sanitario e migliorare la qualità delle cure.

La rilevanza della comunicazione col personale sanitario

Un punto cardine affinché le analisi risultino davvero utili è comunicare in modo trasparente con il proprio medico o con il laboratorio. Sotto questo aspetto, molti pazienti non segnalano la presenza di malesseri temporanei (febbre, infezioni, stress acuto), cambiamenti dietetici o l’assunzione occasionale di sostanze come caffeina, alcol o integratori. Persino piccoli dettagli, come lo svolgimento di attività fisica nelle ore antecedenti il prelievo, possono interferire con i livelli di enzimi muscolari, creatinina o lattato.

A questo si aggiunge il rischio di auto-sospensioni di farmaci senza indicazione medica, convinti che possa migliorare la bontà delle analisi. In realtà, la sospensione arbitraria di medicinali, specie in persone affette da malattie croniche, può mettere a repentaglio la salute e incidere negativamente sull’interpretazione dei risultati.

Non bisogna mai trascurare l’importanza di esporre chiaramente ogni variabile, perché spesso un’anomalia nei dati emersi dal check-up trova la sua spiegazione proprio in comportamenti o situazioni transitorie che il laboratorio può anzitutto catalogare per offrire valutazioni più precise.

Falsi positivi, falsi negativi e valore degli screening

Uno dei rischi connessi agli errori nella preparazione alle analisi è l’aumento della probabilità di risultati falsati. Nel linguaggio medico si distinguono due principali anomalie: i falsi positivi (quando il test segnala un problema che in realtà non c’è) e i falsi negativi (quando il test non rileva una condizione presente). Entrambe le situazioni sono dannose perché possono condurre a diagnosi errate, interventi non necessari o, viceversa, a trascurare patologie che necessitano di tempestivo trattamento.

Per esempio, nei test che misurano le troponine cardiache, un comportamento non corretto pre-analitico potrebbe evidenziare falsi segnali di infarto, generando stress inutile per il paziente e ulteriori accertamenti invasivi. Oppure, nel caso di marcatori tumorali come il CEA o il Ca 19.9, condizioni infiammatorie o abitudini come il fumo possono innalzare i valori anche in assenza di neoplasie, riducendo la specificità degli screening per la diagnosi precoce e rendendo questi risultati utili esclusivamente nel follow-up oncologico, non per la prevenzione primaria.

Inoltre, fattori come la predisposizione genetica possono modificare la normalità di alcuni parametri, rendendo complicata l’interpretazione standardizzata dei test senza una dettagliata anamnesi personale. Non meno importante, un errore frequente è la mancata identificazione corretta del paziente al momento del prelievo, che crea confusione e rischia di attribuire esiti ad un individuo sbagliato, con gravi conseguenze.

  • Non seguire le indicazioni del laboratorio sul digiuno altera glucosio, lipidi, insulina e altri parametri metabolici.
  • Non riferire farmaci e integratori può modificare il profilo degli ormoni o la funzione renale.
  • Mangiare, fumare o fare sport prima del prelievo altera lattati, CK, cortisolo e altri indicatori.
  • Non informare su particolari condizioni fisiologiche (come il ciclo mestruale) impatta su ferro, emocromo, markers endocrini.

Tenere a mente questi fattori e correggere le proprie abitudini prima di sottoporsi ad esami ematici aiuta a ottenere risultati affidabili e un check-up realmente rappresentativo della salute personale. La collaborazione attiva tra paziente, personale sanitario e laboratorio resta lo strumento più efficace per evitare errori, rispettare i protocolli pre-analitici e ottenere diagnosi corrette e tempestive.

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