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Opposizione allo stato passivo nel fallimento

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Cassazione civile, Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24723 – Pres. Ceccherini – Rel. Nazzicone – P.M. Salvato (conf.) – Tower Automotive Sud S.r.l. c. Fallimento Tibermec S.p.a. 

Fallimento – Accertamento del passivo – Opposizione – Procedimento
(legge fallimentare art. 99; cod. proc. civ. art. 345)

(1) La natura impugnatoria del giudizio di opposizione allo stato passivo, se osta alla proposizione di domande nuove e in particolare di domande riconvenzionali, non preclude al curatore ed alle parti la formulazione di eccezioni non sollevate precedentemente nella fase sommaria avanti al giudice delegato. (massima non ufficiale) 

Cassazione Civile, Sez. I, 4 dicembre 2015, n. 24718 – Pres. Ceccherini – Rel. Didone – P.M. Salvato – Azienda Unità Sanitaria Locale N (omissis) di Empoli c. Fallimento ES.CO.SOLAR S.p.a. in liquidazione 

Fallimento – Accertamento del passivo – Opposizione – Procedimento – Partecipazione del giudice delegato al collegio – Omessa ricusazione – Invalidità della decisione – Esclusione
(legge fallimentare art. 99; cod. proc. civ. artt. 51, 52) 

(2)La partecipazione del giudice delegato, che ha deciso della domanda di insinuazione al passivo fallimentare, al collegio giudicante chiamato a pronunciarsi sulla conseguente opposizione allo stato passivo non comporta la nullità della decisione, in quanto l’incompatibilità prevista dall’art. 99, comma 10, l. fall., può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione del giudice, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c. (massima non ufficiale) 

(1) (2)Opposizione allo stato passivo, impugnazione in senso stretto e disciplina applicabile
La S.C., con due pronunzie depositate nel medesimo giorno, torna a occuparsi del procedimento di cui all’art. 99 l.fall.. Approfondendo una serie di rilevanti questioni processuali in tema di giudizi d’impugnazione allo stato passivo, tali arresti si pongono in linea di assoluta continuità con il trend giurisprudenziale successivo alla riforma di cui al D. Lgs. n.5/2006.
In particolare, vengono affrontate le tematiche (i) dell’ammissibilità di eccezioni non sollevate nella fase sommaria (ii) del regime delle prove e dell’applicabilità del principio di non contestazione (iii) del vizio d’irregolare costituzione dell’organo giudicante per la partecipazione del giudice delegato al collegio.
Invero, sui primi due profili l’insegnamento della giurisprudenza può dirsi, senza timore di smentite, ampiamente consolidato, cosicché la sentenza n. 24723/2015 (che specificatamente se ne occupa) assume rilievo solo quale ulteriore conferma dell’orientamento tradizionale.
La terza questione, quella del vizio di irregolare costituzione del giudice, è stata invece negli ultimi anni oggetto di un interessante contrasto giurisprudenziale: in tale contesto, la sentenza n. 24718/2015 segna il ritorno all’orientamento tradizionale (ed invero maggioritario) sul punto.
Le due pronunzie offrono in tal modo l’occasione per fare il punto sulla natura del procedimento e, conseguentemente, sulla disciplina applicabile, alla luce delle differenti posizioni avvicendatesi nel tempo, tutte pur sempre caratterizzate dalla qualificazione dell’istituto in termini di impugnazione (in senso proprio), autonoma rispetto all’appello.
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Come detto, è ormai pacifico che al procedimento ex art. 99 l.fall.[1], nonostante la sua natura di vero e proprio giudizio contenzioso di gravame[2], non sia applicabile la speciale disciplina dell’appello[3]. E, d’altronde, la migliore dottrina definisce l’opposizione allo stato passivo giudizio[4]a carattere tipicamente sostitutivo”, avente ad oggetto il riesame di una decisione emessa da altra autorità giudiziaria, in difetto del quale l’accertamento diventa “definitivo”[5].
Epperò, dalla sua mancata assimilazione al giudizio di appello deriva l’inapplicabilità della relativa disciplina, non rivenendosi in primo luogo “la necessità di far valere specifici motivi di gravame”: la natura sommaria della fase monocratica[6], la circostanza che il contraddittorio venga sì assicurato, senza tuttavia prevedere la costituzione necessaria del curatore tramite un difensore né l’obbligatorietà della difesa tecnica del creditore, difficilmente potrebbero coordinarsi con le decadenze tipiche del giudizio ordinario di cognizione.
Dal ché la disciplina regolante il procedimento di specie andrà individuata nelle stesse norme che ordinano sostanzialmente il mezzo, cioè nell’art. 99 l.fall.[7] (ferma pur sempre l’applicazione dei principi generali del codice di rito e di quelli generali dell’ordinamento).
In particolare:

  • non trova applicazione il divieto dei nova, di cui all’art. 345 c.p.c., e quindi il divieto di sollevare nuove eccezioni processuali e di merito in ipotesi anche non rilevabili d’ufficio[8], pur sempre con l’obbligo per il Collegio di assicurare la regolare integrazione del contraddittorio. Ciò poiché nella fase di verifica sommaria, la parte non ha l’onere di formulare tutte le possibili eccezioni e pertanto, non si determina alcuna decadenza[9];
  • dall’inapplicabilità dell’art. 345 c.p.c. deriva altresì l’inesistenza di preclusioni nell’indicazione di nuovi mezzi di prova, non dedotti nella fase sommaria, né nella produzione di nuovi documenti[10]; se ne trova conferma nel comma 7 dell’art. 99 l.fall., a mente del quale l’opponente ha l’onere di formulare nel ricorso “l’indicazione specifica dei mezzi di prova e dei documenti prodotti” di cui intende valersi, disposizione insensata se non interpretata nel senso che possono indicarsi, fino a tale momento, mezzi di prova ulteriori a quelli già dedotti;
  • la natura impugnatoria del mezzo preclude la produzione di domande nuove[11] e segnatamente domande riconvenzionali, che, se proposte, devono essere dichiarate inammissibili d’ufficio[12]; così come, per il principio devolutivo, le domande e le eccezioni che il giudice delegato non ha esaminato, sulle quali si è perciò verificata soccombenza, potranno – anzi dovranno – essere riproposte;
  • l’orientamento giurisprudenziale prevalente è nel senso che i documenti depositati nella fase di verifica sommaria non sono acquisiti di diritto al giudizio di opposizione[13] (al contrario di quanto avviene in appello) di talché, in mancanza di rinnovato deposito degli stessi (ovvero nel caso in cui il giudice non ne abbia ordinata l’acquisizione ex 210 o 213 c.p.c.) il giudice dell’opposizione non potrà tenere conto[14]. Anche in tal caso, a sostegno, si invoca il comma 7 dell’art. 99 l.fall., ove si fa riferimento alla doverosa indicazione da parte dell’opponente sia delle prove, sia dei documenti di cui intende avvalersi, regola che trova a sua volta ratio nel generale principio dispositivo che informa il procedimento di opposizione allo stato passivo[15] (a differenza di quello di opposizione alla dichiarazione di fallimento, dominato dal principio inquisitorio[16]);
  • pur in caso di mancata formulazione da parte del creditore di osservazioni al progetto di stato passivo non si avrà acquiescenza ex 329 c.p.c., sia perché non può farsi acquiescenza ad un provvedimento in fase di formazione (ed il progetto di stato passivo non ha certamente natura di provvedimento giurisdizionale), sia perché l’art. 95, comma 2, configura la presentazione di osservazioni scritte come mera facoltà[17].
  • il principio di non contestazione trova applicazione anche al procedimento ex 99 l.fall.[18] e ciò (oltre perché principio generale dell’ordinamento) per la sua natura di giudizio contenzioso a contradditorio pieno, in cui vige il principio dispositivo. Inoltre, solo in tal modo può dirsi rispettato il principio di parità delle parti: essendo onere dell’opponente formulare nell’atto introduttivo del procedimento “l’esposizione dei fatti … su cui si basa l’opposizione”, quelle opposte devono (costituendosi almeno dieci giorni prima), assolvere l’equivalente onere di prendere espressa posizione in ordine alle allegazioni avversarie;
  • in caso di assenza dell’opponente, a differenza di quanto previsto per il giudizio di appello (ex 348, comma 2, c.p.c.), il tribunale non deve disporre il rinvio della causa ad una nuova udienza, né dichiarare l’improcedibilità se la parte che impugna non compare alla successiva udienza, bensì deve sempre e comunque decidere nel merito.
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L’affermata natura impugnatoria del procedimento ex art. 99 l.fall. e la conseguente qualificazione della fase necessaria quale prima fase di merito confermano allora la bontà della soluzione individuata dalla Suprema Corte di Cassazione, nella decisione n. 24718/2015, circa la validità del decreto pronunciato all’esito del giudizio di opposizione nel caso in cui entri a comporre il collegio anche il giudice delegato che ha proceduto alla verifica sommaria.
Così, l’incompatibilità del G.D. a far parte del collegio investito della decisione sulla conseguente opposizione, per aver conosciuto la causa nel primo grado del giudizio, “costituendo una particolare applicazione dell’art. 51, n. 4, c.p.c.”, non determinerà nullità della decisione ex art. 158 c.p.c..
Tale incompatibilità – non escludendo la piena “potestas iudicandi” del predetto giudice, “quale magistrato addetto al tribunale che dell’impugnazione stessa è il giudice naturale”, ma rientrando nelle ipotesi di astensione obbligatoria – può dar luogo soltanto all’esercizio del potere di ricusazione, che la parte interessata ha l’onere di far valere, in caso di mancata astensione, nelle forme e nei termini di cui all’art. 52 c.p.c[19].
Con la conseguenza che, in difetto, il provvedimento non è per ciò solo invalido.
Secondo un orientamento recente, ma invero minoritario (cfr. Cass. 9 marzo 2015, n. 4677, in Mass. Giust. civ., 20145, rv. 634623 e da Cass. 4 aprile 2012, n. 5426, ord., in Foro it., 2014, 1, 181), in tali casi sarebbe configurabile una violazione degli artt. 99, comma 10, l.fall., e 158 c.p.c.,  con conseguente nullità insanabile del provvedimento.
In senso contrario, in linea all’orientamento maggioritario[20] ed all’interpretazione accolta per tutti i tipi d’impugnazione, nel caso in cui il giudice non si astenga, la parte è onerata a promuovere la ricusazione e, in difetto, nessuna invalidità colpisce il provvedimento[21].
Tale principio appare quello da preferire anche nel caso di specie: esso, d’altronde, ha trovato costante applicazione al giudizio de quo, tanto anteriormente alla novella del 2006[22] (quando non era stata affermata, in via preliminare, l’insussistenza della stessa causa di astensione/ricusazione), quanto dopo la detta riforma (che, come noto ha chiarito, la natura giurisdizionale del procedimento di verificazione dei crediti[23]).

[1] Il cui modello è comune anche all’impugnazione di crediti ammessi ed alla revocazione.
[2] Così, M.Montanari, Impugnazioni dello stato passivo, in Il nuovo diritto fallimentare, Commentario, diretto da Jorio e coordinato da Fabiani, I, Bologna, 2006, 1482 ss; C.Costa, L’accertamento del passivo e dei diritti personali e reali dei terzi sui beni mobili e immobili, in Il diritto fallimentare riformato, Commento sistematico, a cura di Schiano di Pepe, Padova, 2007, 379 ss.. Contra,  Bonfatti-Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2007, 310 ss. Sulla natura contenziosa del procedimento con cui si accerta il passivo fallimentare, nel sistema risultante dalla novella del 2006, M.Fabiani, Diritto fallimentare. Un profilo organico, Torino 2011, 383 s.; G.Bozza, Il procedimento di accertamento del passivo, in Fall. 2007, 1053 ss..
[3] Tra le pronunce più recenti, cfr. Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110, in Fall., 2015, 948; Cass. 6 novembre 2013, n. 24972, in Mass. Giust. civ., 2013, rv 628963; Cass. 9 maggio 2013, n. 11026, ivi, 2013, rv. 626391; Cass. 22 marzo 2013, n. 7278, in Juris data. In dottrina, M. Fabiani, Diritto fallimentare, Bologna, 2011, 413; M. Montanari, Ulteriori svolgimenti del giudice di legittimità in tema di opposizione allo stato passivo, in Fall., 2012, 1332.
[4] E’ nota l’antitesi tra teoria cognitiva e non cognitiva del procedimento sommario di verificazione: mentre, per i fautori della prima, il giudizio di opposizione rappresenta lo sviluppo ovvero l’articolazione ulteriore della fase cognitiva aperta dalla domanda d’insinuazione, per i fautori della seconda, esso costituisce un autonomo incidente cognitivo, con effetti costitutivi, promosso dal creditore escluso o ammesso con riserva in funzione dell’annullamento, per motivi di legittimità, del decreto di esecutività dello stato passivo (cfr. A.Cavalaglio, Fallimento e giudizi pendenti, Padova 1975, 165 ss.).
[5] Per M. Fabiani, Diritto fallimentare, cit., 415 s. al procedimento va attribuita la qualificazione di “processo dichiarativo semplificato e arricchito”, cui si applicano le norme del capo I del codice di rito, fatte salve le diverse disposizioni dell’art. 99 L.F.
[6] L. Guglielmucci, Diritto fallimentare, Padova, I ed., 2011, 210 definisce il procedimento di verifica necessaria come “procedimento contenzioso, sia pure di carattere sommario”.
[7] Cass. 6 novembre 2013, n. 24972, cit.; Cass. 18 maggio 2012, n. 7918, in Fall., 2012, 1323 s.; Cass. 22 marzo 2010, n. 6900, ivi, 2010, 657.
[8] Cass. 17 febbraio 2015, n. 3110, cit.; Cass. 9 maggio 2013, n. 11026, cit.; Cass. 4 aprile 2013, n. 8246, cit.; Cass. 12 dicembre 2012, n. 22765, cit.; Cass. 18 maggio 2012, n. 7918, cit.
[9] Considerato altresì che le decadenze, limitando il diritto di difesa, devono dedursi da norme specifiche ovvero, “almeno da principi generali inderogabili, e non possono ricavarsi in via interpretativa”, così Cass. 18 maggio 2012, n. 7918, cit. Tale conclusione ha fondamento ulteriore ove si ponga mente alla decisione di altra Cassazione (04 giugno 2012, n. 8829), in cui si è chiarito che il riesame a cognizione piena del risultato della cognizione sommaria del rito della verifica, demandato al giudice della opposizione, esclude “l’immutazione del thema disputandum”, ma “non l’immutabilità del thema probandum”, ammissibile in funzione di agevolare il diritto di difesa del curatore, anche attraverso eccezioni non sottoposte all’esame del G.D., in aderenza al “principio della parità della armi”, desumibile dal dato letterale del comma 7 dell’art. 99 L.F..
[10] Cass. 9 maggio 2013, n. 11026, cit..
[11] M. Fabiani, Diritto fallimentare, cit., 418; A.Patti, Le impugnazioni: natura e struttura, in Fall., 2011, 1109.
[12] Cfr. Cass.1° agosto 1996, n. 6963, in Mass. Giust. civ., 1996, 1096.
[13] Ad eccezione della stessa istanza ex art. 93 L.F., che non può essere considerata documento da produrre a pena di decadenza ex art. 99 L.F., con il deposito del ricorso di cui all’art. 98 L.F. Pertanto, in tal caso, se il Tribunale non riesce a ricostruirne il contenuto sulla scorta degli altri elementi presenti in giudizio, deve provvedere alla sua acquisizione. Così Cass., 12 febbraio 2014, n. 3164, in IlCaso.it; Cass. 9 febbraio 2016, n. 2561, ivi.
[14] Cass. 23 marzo 2012, n. 4744, cit.; Cass. 16 gennaio 2012, n. 493, in Mass. Giust. civ., 2012, 30; Cass. 8 novembre 2010, n. 22711, in Mass. Giust. civ., 2010, 1419.
[15] Cass. 23 marzo 2012, n. 4744, cit.; Cass. 8 novembre 2010, n. 22711, cit. Contra, L.Baccaglini, “Due criticabili decisioni che escludono l’operare del principio di conservazione della prova documentale nell’opposizione allo stato passivo” in Il dir. fall., 2016, 1297 ss., secondo cui il “richiamo al principio dispositivo processuale, cui certamente si informa anche l’opposizione al passivo ex art. 98, comma 2, legge fallim., si mostra inconferente e per certi aspetti fuorviante, ai fini della soluzione della questione”.
[16] Il fascicolo del procedimento per dichiarazione di fallimento è acquisito d’ufficio al fascicolo del giudizio d’impugnazione: Cass. 19 novembre 2009, n. 24415, cit.; Cass. 2 maggio 2006, n. 10118, cit.
[17] In tal senso, solo l’eventuale adesione alle conclusioni del curatore potrebbe rivestire valore preclusivo alla successiva opposizione da parte del creditore. Così Trib. Udine 21 maggio 2010, in IlCaso.it.
[18] Nonostante l’eliminazione, da parte del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, art. 6, comma 4 della disposizione (contenuta nel decimo comma del testo originario) per cui “il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti”.
[19] Nello stesso senso, Cass. 1 ottobre 2015, n. 19645, in IlCaso.it; Cass. 17 settembre 2015, n. 18253, in Mass. Giust. civ., 2015, rv 636919.
[20] Cass. 12 dicembre 2014, n. 26223, in Mass. Giust. civ., 2014, rv. 633417; Cass. 17 maggio 2013, n. 12115, ivi, 2013, rv 626399.
[21] Eccettuata l’ipotesi in cui il giudice abbia un interesse diretto e proprio nella causa, solo in tal caso potendosi equiparare la sua posizione a quella di una parte, con conseguente violazione del principio nemo iudex in re sua.
[22] Prima dell’introduzione del d.lgs. n. 5/2006, la Corte Costituzionale aveva più volte dichiarato costituzionalmente legittima la partecipazione del giudice delegato al giudizio di opposizione al passivo, giustificandola non solo sulla base dell’esigenza di assicurare la concentrazione delle funzioni in capo agli organi della procedura, ma anche in virtù della differente cognizione ivi esercitata. Prima del 2006, infatti, la seconda fase avrebbe rappresentato la mera prosecuzione a cognizione piena del giudizio inizialmente svolto con cognizione sommaria e solo all’esito di quest’ultima, il decreto, efficace limitatamente ai fini della procedura, si sarebbe convertito in sentenza idonea a produrre effetti di giudicato sostanziale. Sul problema dell’imparzialità del giudice delegato nel fallimento, prima della novella del 2006, si veda F.P. Luiso, Il giudice delegato: problemi attuali e prospettive di riforma, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1993, 817 ss.
[23] Sul punto, cfr. M. Fabiani, Impugnazioni dello stato passivo, raccordo col procedimento sommario e preclusioni, in Foro it., 2008, 634 s.

 

Valeria-Bisignano
Valeria Bisignano

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